Soluzioni iper-tecniche, alta qualità e ibridazione, ecco la ricetta per crescere

Stories of excellence

La vicentina Italgrafica Sistemi è il primo utilizzatore mondiale di XJet, la piattaforma elaborata da OMET e Durst con un cuore inkjet ad alte prestazioni

Italgrafica è l’etichettificio che non ti aspetti. Non tanto per il parco macchine o la tipologia di clienti, ma senza dubbio per lo spirito del suo fondatore e titolare. Con la sua Konig Print – una cassaforte costituita per acquisire aziende e partecipazioni strategiche – Francesco Niorettini non è solo uno stampatore appassionato, ma un imprenditore capace di guardare oltre l’arte nota, incoraggiare l’innovazione, comprendere in anticipo i mutamenti del mercato e intuire le giuste mosse da mettere a segno. L’occasione per una visita presso il sito di Castelgomberto è di quelle ghiotte: parliamo della prima installazione al mondo di XJet,la linea di produzione per etichette nata dalla tradizione innovativa di OMET nei macchinari per il label converting, combinata con le competenze di Durst nell’inkjet. Due costruttori italiani che, a scapito della comprovata incapacità delle nostre aziende di fare sistema, hanno messo insieme una piattaforma tra le più innovative. Ma ora scopriamo insieme le origini di questo successo.

Competenze industriali per vincere nuove sfide
Italgrafica Sistemi, che lo scorso anno ha compiuto 25 anni, conta un team di quasi 70 persone, tra i 40 collaboratori della sede di Vicenza, i 15 dell’etichettificio LG Trento di Lavis e una rete di 10 agenti, per un fatturato complessivo che supera i 12 milioni di euro. Al pari di altre aziende di questo territorio, le origini del business sono legate a filo doppio alla storia del distretto industriale vicentino, che fino a quindici anni fa aveva nella filiera dell’elettrodomestico uno dei suoi fiori all’occhiello. “Inizialmente producevamo etichette
per l’imballaggio, ma presto ci siamo specializzati nella produzione di etichette durevoli ad altissime prestazioni per lavatrici e lavastoviglie, stampate in serigrafia o in flexo – spiega Niorettini – tra i nostri clienti c’erano Merloni, Whirplool, Electrolux. Poi, tra il 2005 e il 2006 ho iniziato a sentire odore di crisi e di delocalizzazione, e rapidamente ho deciso di differenziare business aprendo all’industria alimentare e all’healthcare”. Eppure le profonde competenze maturate da Italgrafica nell’etichettatura industriale si rivelano la chiave per vincere anche in settori già popolati e competitivi, al punto da riuscire ad elaborare soluzioni uniche e fortemente differenzianti. “Sin dall’inizio, dialogando con i brand del food & beverage, abbiamo colto problematiche tecniche che i nostri competitor non avevano riconociuto, e ne abbiamo fatto il nostro punto di forza – prosegue Niorettini – avendo un grande know how sull’adesivo, abbiamo offerto soluzioni in grado di coniugare requisiti tecnici e un ottimo rapporto qualità/prezzo. Per un cliente che produce birra e voleva recuperare i fusti, ad esempio, abbiamo proposto un’etichetta auto-removibile in fase di lavaggio”.
Così, tra il 2006 e il 2010, Italgrafica è cresciuta a tassi esponenziali, fino alla costituzione della capogruppo Konig Print e all’avvio della strategia di investimenti. “Abbiamo acquisito LG Trento, un etichettificio specializzato nel vino, che usciva da lunghe traversie societarie e oggi è uno dei nostri gioielli – spiega il titolare di Italgrafica – inoltre sviluppiamo e commercializziamo tecnologie di inkjet entry-level, mentre stiamo aumentano l’export vendendo direttamente in mercati come Svizzera, Francia e Germania. Ma il denominatore comune di tutto ciò che facciamo è un alto livello di sofisticazione tecnologica”.

Un passo avanti nella tecnologia
Al di là della personale visione di Niorettini, sul piano delle tecnologie e dei macchinari la storia di Italgrafica non è dissimile da quella dei più evoluti etichettifici europei. “Uno sguardo attento alla tecnologia l’abbiamo sempre avuto – spiega il fondatore e titolare – nel 2007 ad esempio abbiamo investito nell’RFID e oggi
produciamo etichette con microchip. Poi abbiamo sviluppato tecniche evolute per realizzare etichette multipagina e infine abbiamo investito per fare un uso evoluto del dato variabile. Ci siamo sempre spinti su questo mercato, realizzando ad esempio kit multimaterici di etichette per l’assemblaggio degli elettrodomestici, etichette multipagina sagomate, talvolta anche accoppiando diversi materiali. Lavoriamo in collaborazione con i designer, che ci stimolano a strovare soluzioni tecniche per soddisfare i loro bisogni”. Gli ultimi anni sono stati per Italgrafica un crescendo di investimenti e installazioni di nuove macchine, sempre contraddistinte da funzionalità particolari e, laddove possibile, da personalizzazioni spinte della tecnologia.
Da qui nasce il rapporto elettivo con OMET, che alla modularità costruttiva unisce una non comune personalizzazione sartoriale delle configurazioni. Anche il digitale in Italgrafica arriva forse in leggero ritardo, ma con idee molto chiare. Nel 2015 l’azienda introduce una Xeikon 3300 con toner ICE, in grado di stampare anche film: una scelta votata all’altissima qualità e alla volontà di precludersi il meno possibile quanto a carte naturali e materiali. E dopo soli due anni i tempi sono maturi per un ulteriore step. “Ho sempre pensato che toner e inkjet dovessero integrarsi in un ecosistema ibrido fatto di digitale e analogico – spiega Niorettini – quindi, i è piaciuta da subito la combinazione tra un digitale molto performante come quello di Durst, con teste Samba e un engine a 8 colori, sincronizzato con i moduli analogici di OMET: di fatto è l’unica via possibile per realizzare etichette particolari e multipagina, coupon per concorsi, e prodotti per l’industria.

L’inkjet guarda agli alti volumi
Quando si parla di digitale vs analogico, uno dei temi ricorrenti è quello del breakeven. Ovvero la ricerca del famoso punto di pareggio che rende una tecnologia più o meno economica o antieconomica a fronte di un certo volume produttivo. E’ questa una delle aree in cui le nuove tecnologie inkjet,
dotate di produttività enormemente superiori agli engine digitali del passato, stanno cambiando i paradigmi cui siamo abituati. Questo è il territorio su cui Italgrafica ha scelto di giocare la partita dei nuovi investimenti, al centro della quale c’è XJet. “La nostra sfida è quella di fare numeri sempre più grandi in modalità digitale,
per questo abbiamo concepito l’investimento su XJet non come una panacea per le basse tirature, ma come la chiave digitale ai volumi medio/alti – afferma orgoglio Niorettini – già in questi primi giorni di produzione ibrida abbiamo gestito alti volumi di etichette per detersivi e olio su polipropilene e polietilene. Mentre la maggior parte degli engine digitali diventa antieconomica sui singoli lavori oltre i 2-3000 metri lineari, con XJet puntiamo ai 10-15.000 metri. Il digitale potrà dirsi rivoluzionario solo quando avrà le potenzialità per soppiantare una flexo”.

Il futuro è piena integrazione e un’offerta iper-tecnologica
Nei due siti produttivi, dove convivono flexo, digitale, serigrafia e offset, Italgrafica ha ottimizzato le risorse e sfrutta tutte le sinergie, evitando ridondanze e appesantimenti. L’azienda ha sempre a magazzino almeno 150 tipi di materiali, che diventano quasi 300 con i supporti dedicati al vino. Stesso discorso per i foil metallici, sia a freddo che a caldo, stampabili anche in digitale. Tutta l’organizzazione è governata da un software MES, che consente di effettuare una programmazione precisa e verificare costi e consumi di materiali e inchiostri. Per ottenere una qualità di stampa elevatissima e gestire il colore in modo evoluto, Italgrafica utilizza già da otto anni il software Kodak Prinergy, abbinato alla tecnologia di incisione dei polimeri Kodak NX. Tutte le macchine sono inoltre accuratamente mappate e caratterizzate, così che ad ogni output vengano applicate le curve più appropriate. “Grazie alla tecnologia NX otteniamo con la flexo una qualità pressoché identica all’offset – spiega Niorettini – e sebbene i polimeri abbiano un costo rilevante, il cliente è disponibile a spendere di più per un prodotto di grande impatto visivo”. Proprio il rapporto con il cliente e la capacità di superarne le aspettative, è uno degli elementi che rende unica la proposta di Italgrafica. “Abbiamo clienti che pianificano un’intera giornata un avviamento e dopo 30 minuti se ne vanno con il loro prodotto approvato” – afferma orgoglioso. Ma se la qualità percepita è un argomento apparentemente scontato, è da sempre più complesso definire quanto la stampa digitale possa esserlo a sua volta. Ma anche su questo punto Niorettini ha le idee chiare: “Il digitale di per sé non è un’argomentazione rilevante. La convinzione comune è che il digitale sia una tecnologia compromissoria e di scarsa qualità, ma mostrare prodotti come quelli che realizziamo noi, lascia i clienti increduli”. E la concorrenza? Se il digitale è di per sé una sfida, parallelamente aumenta il numero di operatori del commercial printing e del web-to-print che si affacciano alla produzione di etichette. “Il cambiamento è già iniziato. Uno degli effetti dell’ultima crisi ha portato tantissime aziende della stampa a foglio e a modulo continuo a convertirsi al packaging e alle etichette, ingolositi da marginalità più interessanti – conclude sereno Niorettini – ma investire in innovazione per noi è il modo migliore di alzare l’asticella. Aumentare il livello di professionalità e il tasso tecnico ci aiuta a tenere le distanze. In sintesi, ci sarà sempre una tipologia di prodotto antieconomico per i generalisti. E noi saremo sempre lì”.

Intervista a Francesco Niorettini, Fondatore e Titolare di Italgrafica Sistemi

Qual è stata la prima leva che vi ha fatti guardare al digitale?
Quando abbiamo acquistato la prima Xeikon l’abbiamo vista come uno strumento per realizzare piccoli quantitativi in modo più efficiente, su differenti materiali.

Solo due anni dopo siete approdati all’inkjet e all’ibrido. Qual è oggi la scommessa?
Gestire in modalità digitale volumi molto elevati, anzitutto per sopperire alle inefficienze dei cambi lavoro: abbiamo commesse complessivamente molto grandi, che a fronte di un layout comune impongono numerosi cambi di lingua, grafica, palette cromatica. Stiamo poi lavorando su nuove tipologie di etichette con dati variabili,
legate a concorsi e promozioni.

Quanto XJet è efficientamento di commesse preesistenti, equanto è nuovo business?
Per dirlo con certezza servirà qualche mese. La prima sfida è portare XJet al volume minimo necessario per ripagarsi, il che si sta rivelando abbastanza semplice. Quando andremo a regime, però, prevediamo che il 50-55% saranno lavorazioni convenzionali, mentre il resto della capacità dovrà essere colmata da lavorazioni innovative e inedite.

Anche quello di OMET e Durst è un binomio inedito…
Lo confesso, non era affatto scontato che queste due aziende potessero essere le due ideali metà di una stessa mela. Ma entrambe hanno contenuti unici. La prima linea OMET l’abbiamo acquistata nel 2000, mentre Durst è un brand nativo digitale, che si è distinto per serietà sin dalla prima versione di Tau. OMET aveva già avviato un progetto digitale con un altro brand dell’inkjet, che non ci ha mai convinti né per qualità né per prestazioni.
Tutto è cambiato quando OMET si è invece legata a Durst per realizzare una macchina ibrida capace di unire il meglio dei due mondi. E XJet con i suoi 80 metri al minuto in qualità, è davvero degna delle prestazioni di una flexo.

Parliamo di manutenzione…
Abbiamo concluso l’installazione e il training, quindi è ancora tutto sulla carta. Ma se confrontiamo un’attrezzatura analogica con il digitale, non c’è dubbio che il digitale ha oneri di manutenzione superiori. E’ altrettanto vero, però, che il maggior costo viene riequilibrato da minori costi di prestampa, polimeri, avviamenti, smaltimento di consumabili e di chimica. Certo gli operatori devono acquisire nuove competenze, ma siamo fortunati perché abbiamo un team giovane, dinamico ed entusiasta di questa innovazione.

Quali sono i tratti davvero unici di XJet?
A dire il vero non ci sono molte soluzioni ibride sul mercato, ma l’engine a 8 colori di Durst, l’altissima qualità e la velocità ne fanno un mix assolutamente unico. Inoltre, grazie allo svolgitore e riavvolgitore indipendenti sul modulo Tau, possiamo scegliere se utilizzare la linea ibrida completa o solo il modulo inkjet, dove il percorso carta molto breve ci fa risparmiare un’enormità di tempo e di materiale in fase di approntamento e avviamento.

Si ringrazia la rivista “Italia Publishers” per l’autorizzazione alla pubblicazione dell’articolo, firmato da Lorenzo Villa (http://www.italiapublishers.com/)
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