Intervista a T-Trade, pioniere della sostenibilità e del training
Investimenti in progetti eco-sostenibili, e gaming per coinvolgere collaboratori e clienti sulla formazione. T-Trade, gruppo di riferimento a livello globale nel mondo dell’etichettatura industriale, si distingue non solo per l’eccellenza dei suoi prodotti – stampanti, nastri a trasferimento termico, etichette adesive di carta o film plastici, linerless, RFID e rotoli termici – ma soprattutto per il suo approccio innovativo alla gestione del business a 360°. Enrico Friziero, CEO di T-Trade, in questa intervista ci racconta la storia dell’azienda, il recente investimento della OMET iFlex e i progetti aperti su questi nuovi fronti.
Dott. Friziero, partiamo dalla storia della sua azienda: com’è stata creata, quali sono state le vostre principali tappe di crescita?
E’ stata fondata nel 2005, anche se personalmente seguo il mercato dell’etichettatura sin dall’89. La proprietà del gruppo è di due soci: io, socio di maggioranza, ed Enrico Leonardi. L’azienda è veneta ma siamo presenti in diverse città, e il grosso della produzione è nelle Marche. Fin dall’inizio abbiamo lavorato nella produzione dei nastri a trasferimento termico, settore nel quale avevo molti anni di esperienza avendo lavorato per una multinazionale americana. Poi ci siamo occupati di produzione di etichette a radiofrequenza e negli ultimi anni siamo arrivati a certificarci ISO 14001 come piccola cartiera: produciamo in casa una parte delle materie prime mettendo insieme frontale, adesivi e liner.
Lo fate per ragioni di costi o perché pensate sia una direzione che il mercato sta prendendo?
Lo facciamo per una questione di autonomia. Abbiamo sempre voluto gestire la filiera, cerchiamo di essere più indipendenti possibile per poter portare avanti i progetti in cui crediamo. Tra le altre cose una divisione dell’azienda, ormai dal 2009, lavora nell’ambito della ricerca e dello sviluppo di stampanti con un forte approccio sostenibile. Siamo stati i primi a lanciare stampanti linerless.
Avete diverse iniziative legate alla sostenibilità…
Per noi è un must. Investiamo molto in ricerca e sviluppo e questo ci ha portato a seguire strade apparentemente diverse, ma che hanno un comune denominatore: l’etichettatura.
Facciamo un passo indietro: cosa l’ha spinta a mettersi in proprio se prima lavorava per una multinazionale?
Il desiderio di autonomia, di mettere alla prova le nostre capacità e le nostre forze, e di non dipendere da decisioni di altri. E’ questione di Dna.
Il mercato spinge molto sulla sostenibilità. Come vede il futuro su questo aspetto?
Purtroppo la parola è abusata, molti si riempiono la bocca senza aver ben chiaro cosa sia. Parlare di sostenibilità non è solo una questione ecologica ma anche etica oltre che economica. Detto questo, noi ci crediamo. Crediamo che nel futuro dovremo necessariamente farci i conti, tutti. Sono molti i nostri progetti, abbiamo iniziato anche a fare estrusione di alcuni frontali in materiale compostabile plastico. Ci piace far sì che la sostenibilità diventi qualcosa di pratico e usufruibile.
Quanta parte della vostra produzione riguarda questi materiali?
È ancora una parte molto limitata, siamo sul 4/5%. C’è ancora molto da fare e poi bisogna fare i conti con un mercato che, anche dal punto di vista economico, molto spesso non investe realmente sulla sostenibilità. Un po’ alla volta, questo gap sta diminuendo e quindi l’attenzione dei clienti diventa sempre più forte.
Il gap diminuisce perché i costi si abbassano o perché il cliente è più esigente in questo senso?
Sicuramente i costi si ottimizzano, grazie al fatto che da tempo facciamo importanti investimenti nella gestione della filiera. A fronte di una richiesta che aumenta, la forbice non è più così larga come lo era prima.
Come siete organizzati sul profilo produttivo?
Abbiamo 7 macchine da stampa, con un volume d’affari di una decina di milioni di euro. Le etichette sono una parte importante ma non il core business: tuttavia sono in forte crescita. Abbiamo acquisito molte certificazioni, tra cui quella per il comparto alimentare, e questo è stato uno dei motivi principali per cui ci siamo avvicinati alla iFlex 370 che abbiamo recentemente acquistato da OMET.
Com’è venuto a conoscenza delle macchine OMET e perché ha deciso di investire su questa?
Siamo partiti con un usato OMET e abbiamo visto che la macchina andava molto bene, poi abbiamo conosciuto il vostro Area Manager Andrea Campani, persona seria, e le due cose messe insieme ci hanno convinti. Siamo molto soddisfatti delle performance della macchina: al momento sfruttiamo la iFlex forse al 40-50% del suo potenziale, pensiamo che potrà fare molto di più in futuro.
Che tipo di lavori state facendo su questa macchina?
I più svariati. Dalle quadricromie anche molto elaborate fino a grandi tirature dove si richiede magari una desensibilizzazione dell’adesivo. Noi lavoriamo molto per il settore alimentare al momento, non abbiamo ancora avuto modo di produrre lavori più complessi come ad esempio le etichette del vino, ma ci stiamo lavorando.
A che mercato vi rivolgete e quali sono le aree che secondo lei si svilupperanno in futuro?
Il nostro mercato è al 90% italiano. Lavoriamo a 360°: il settore più importante è quello legato all’agroalimentare ma abbiamo clienti anche nell’ambito dell’industria, della chimica e del lusso. Sicuramente le etichette per il packaging primario saranno, insieme all’alimentare, due dei mercati più importanti per noi.
Qual è la caratteristica che più apprezza della tecnologia OMET?
E’ un’ottima macchina ed è semplice da usare. Uno degli aspetti più interessanti è il fatto di andare a registro molto velocemente: possono gestirla anche stampatori non necessariamente esperti, la macchina si presta sempre ad esser usata con semplicità.
La vostra azienda investe molto anche sulla formazione, anche con proposte innovative…
Il concetto di formazione per noi è uno degli aspetti più importanti, lanceremo a brevissimo una piattaforma che si chiama “TT Accademy” che promuoverà la formazione attraverso un processo di gamification. Proponiamo la formazione sotto forma di gioco all’interno di una piattaforma, rivolgendoci sia ai collaboratori dell’azienda, sia alla clientela. È un’innovazione importante, sono poche le aziende in Italia con iniziative simili, sono soprattutto grandi marchi di moda.
È un tipo di formazione soft ma molto efficace, che ognuno può fare quando ha due minuti liberi, magari giocando con lo smartphone. Riceve notifiche, magari gioca in competizione col collega o un cliente stimolando la curiosità e il divertimento.