Carlucci, l’eccellenza costruita sull’innovazione e sull’identità di prodotto
Ha fatto la storia delle etichette nel settore farmaceutico e oggi si distingue per le proposte innovative in materia di anticontraffazione e tracciabilità. In 50 anni di attività, la Carlucci di Pomezia ha saputo dominare i cambiamenti del mercato grazie alla capacità di innovare e, nel contempo, di restare fedele alle proprie competenze distintive: il valore del marchio, la valorizzazione delle risorse umane, il rigore nelle procedure di produzione e di qualità. Fernando Staino Giocondi, CEO dell’azienda, in questa intervista racconta un’eccellenza del settore etichette, che ha scelto OMET come partner installando di recente due XFlex X6 con gruppo serigrafico.
Dott. Staino, come nasce l’azienda Carlucci?
La storia della Carlucci è profondamente radicata al territorio, sin dal 1969 quando il fondatore Mario Carlucci avviò l’azienda utilizzando al meglio l’apertura della Cassa del Mezzogiorno. Fu un visionario, perché anticipò la localizzazione dell’industria farmaceutica che negli anni seguenti crebbe in maniera esponenziale. Qui troviamo la vocazione dell’azienda verso questo mercato e l’impostazione del lavoro su standard qualitativi e procedure di alto livello.
Quali sono le principali tappe dello sviluppo Carlucci nella storia, e quali i suoi risultati più importanti?
Fino al 2000 la Carlucci ha lavorato quasi esclusivamente nel settore farmaceutico. All’inizio di questo millennio è entrata nella società la mia famiglia che, fin dalla fine degli anni ‘80, aveva acquisito una grande esperienza con la progettazione e realizzazione del Bollino ottico farmaceutico e con l’impiego dei codici a lettura automatica su supporti autoadesivi che oggi ancora vediamo sui prodotti in commercio a partire dai farmaci. In questo quadro riteniamo che lo sviluppo della nostra fabbrica sia da identificare proprio nel product development e nella conseguente manifattura del Bollino per conto dell’IPZS (Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato). L’industria, con cui la fabbrica aveva già rapporti consolidati, si ritrovò ad avere un interlocutore che era già pronto a supportare le dinamiche di mercato rispettando i canoni di fornitura del mondo pharma: procedure, processi, reparti quali il QA ed il QC sono solo alcuni aspetti che rendono oggi la Carlucci una delle realtà più riconosciute del settore e che le consentono di operare in termini di assoluta eccellenza. La più recente delle innovazioni in Carlucci invece, è sicuramente la modulazione dei processi a seconda del mercato di destinazione. Oggi la fabbrica, volendo anche diversificare l’offerta relativamente alle tecniche di stampa, si trova nella posizione di poter adattare i processi gestionali e produttivi sulla base delle esigenze del proprio cliente. Ogni rapporto di fornitura si differenzia per una determinata prerogativa e la Carlucci risponde incarnando alla perfezione il concetto di flessibilità.
Come vi siete mossi per acquisire nuovi clienti in altri settori, su cosa avete puntato?
La dismissione dell’ex reparto IPZS, avvenuta dopo la decisione da parte dello stesso di internalizzare la produzione delle etichette, ha dato il via ad un processo di riconversione industriale di 5 linee che ha permesso alla Carlucci di spingersi in altri mercati con nuove tecnologie all’avanguardia. L’acquisto della OMET X6 430 rientra proprio in quest’ottica. Ci siamo affacciati su mercati l’home & personal care, il food&beverage e l’anticontraffazione, attuando una politica di business development che spaziava su due fronti: il primo è la customer retention – una politica che ci ha permesso di consolidare i rapporti con i clienti, grazie a nuovi progetti o continuazioni di rapporto; il secondo è l’allargamento del portafoglio prodotti con consguente ampliamento dell’offerta..
Quali nuovi prodotti hanno avuto più successo?
Abbiamo aperto alle applicazioni speciali, come ad es. RFID, etichette termo cromiche o di tracciabilità ed anticontraffazione, tutti prodotti con processi manifatturieri estremamente specializzati e gestiti anche per quanto riguarda gli aspetti di controllo e bonifica. Fra i punti qualificanti della nostra attività emergono le etichette track&trace, collegate tramite codici unici, univoci e irripetibili ad un software gestionale capace di identificare e tracciare i prodotti su cui vengono applicate le etichette. Ad esempio le bottiglie di vino con le nostre etichette, munite di un QR Code che le numera e le identifica, si può tracciare l’intera filiera, geolocalizzarle e proteggerle da attività illecite quali la contraffazione, la duplicazione o lo smercio non autorizzato. In questo campo riscontriamo importanti soddisfazioni da parte dei clienti che godono di un risposte positive soprattutto sotto due punti di vista: possono offrire al consumatore un’esperienza di realtà aumentata usando il QR code (es. politiche di consumer engagement, azioni di marketing mirate); e possono controllare i propri prodotti scoprendo, come è capitato, truffe lungo la filiera. Offriamo supporti assolutamente customizzabili, (Qr code, barcode, antenna Rfid) a seconda dello strumento di lettura che il cliente vuole usare a valle. Per l’ultima tiratura a dati variabili abbiamo utilizzato anche la linea OMET che ha prodotto l’etichetta sottostante, mentre la parte superiore, variabile, l’abbiamo stampata in digitale.
La vostra collaborazione con OMET dura da molti anni. Quali sono le ragioni della vostra scelta di investire nella tecnologia OMET?
Abbiamo acquistato due macchine perché i nostri lotti sono aumentati e OMET offre una stabilità superiore sul mercato. Copre per noi la produzione di etichette convenzionali per il mercato farmaceutico, e soprattutto con la XFLEX X6 430 siamo entrati in modo forte su un brand internazionale nel mercato dell’home&personal care, sfruttando tutta la fascia, con velocità sostenute e una stabilità straordinaria. Ecco perché abbiamo deciso di raddoppiare la produttività sulle linee OMET.
Passione per l’innovazione e attenzione alle persone: questi valori coincidono con quelli che da sempre caratterizzano OMET. Ha influito questa coincidenza nella scelta del fornitore?
Sì. Quando pensiamo a OMET pensiamo a professionalità, vicinanza, e anche ad un linguaggio comune. Noi siamo un’azienda profondamente familiare e abbiamo visto in OMET il contatto umano, non solo formalità; abbiamo visto che si premia la necessità produttiva, che è per noi prioritaria.
Il vostro fatturato proviene prevalentemente dall’estero o dall’Italia?
Dall’Italia proviene l’80-85% e il resto è estero.
In futuro su cosa prevedete di investire?
Le etichette intelligenti, a dati variabili, sono un settore assolutamente in crescita perché aumentano fidelizzazione e consumi. Molti competitor allargano anche a politiche di rivendita macchinari o al settore del packaging. Noi no, vogliamo sviluppare il mercato delle etichette autoadesive senza disperdere il nostro know how, ritengo che sia la nostra identità e quindi vogliamo mantenerla. Puntiamo sull’identità dei prodotti, perché l’etichetta è il veicolo principe per il valore di ogni marchio.
Si parla sempre più di sostenibilità: secondo lei, questo valore come influenzerà il mercato in futuro e come lo state affrontando?
La sostenibilità – sul processo, sul servizio o sulla materia prima – comporta dei costi più alti, ma rappresenta un vantaggio competitivo molto forte per chi riesce a trovare il meccanismo giusto. Noi riusciamo a gestirlo bene nel processo, sugli avviamenti, sulla separazione della glassina per il riciclo dei liner. Stampiamo anche carta con fibra riciclata e vediamo che quando si tocca questo tema, la sensibilità del cliente si alza.
Con questo nostro costante impegno intendiamo contribuire fattivamente alla valorizzazione del prodotto con l’apporto di continue innovazioni finalizzate alla sostenibilità.